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Discussione: Vi spieghiamo le sospensioni, parte 1: le molle e l’assetto

  1. #1
    FazerItaliano Manico L'avatar di kimiko
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    Vi spieghiamo le sospensioni, parte 1: le molle e l’assetto

    http://www.motociclismo.it/tecnica-l...tto-moto-61015


    Buona lettura

    La sospensione lega il telaio alle ruote e ha il compito di tenere (appunto) sospesa la moto. Un lavoro molto complesso, che deve garantire il massimo controllo del mezzo - ovvero assicurare il contatto tra pneumatico e suolo il più costante possibile - e anche un buon comfort. Oggi le sospensioni hanno raggiunto un grado di sofisticazione molto elevato, e anche sui modelli di fascia media troviamo unità di alto livello, ottimamente funzionanti e anche regolabili (ecco quali sono, per voi lettori, le sospensioni migliori per una moto). Districarsi tra i registri però non è facilissimo, anzi, la dinamica di un mezzo a due ruote è molto complessa e per di più è influenzata anche dalle capacità e dai movimenti del pilota. Infatti spesso vediamo che anche le più grandi squadre e i più forti campioni del Motomondiale spesso sono in difficoltà con la messa a punto; pensare quindi di sistemare la nostra moto con qualche consiglio e due click è dir poco ottimistico. Ma l’argomento è quanto mai affascinante, vediamo di affrontarlo iniziando dai principi di base.


    NON TRASCURIAMO IL PESO

    Nel linguaggio comune usiamo il termine ammortizzatore come sinonimo di sospensione, ma è un uso improprio, poiché una sospensione si divide in tre parti fondamentali: il sistema di guida della ruota durante l’escursione (esempio il forcellone); la parte elastica (la molla); il sistema di smorzamento, cioè la parte idraulica (ammortizzatore). Quando si pensa alla regolazione delle sospensioni la prima cosa che viene in mente è lavorare sull’idraulica, e ci si preoccupa subito dei registri, quali sono, dove sono, come agire su di essi. La molla, invece, viene spesso trascurata, commettendo un grosso sbaglio perché rappresenta una parte fondamentale della sospensione: infatti è l’elemento che gestisce e sorregge il peso della moto.

    Una molla si identifica con un numero (K), una costante che indica la forza con cui la stessa risponde a uno schiacciamento; si esprime in kg/mm. Sulla moto la molla viene precaricata, cioè schiacciata di qualche millimetro dalla massima estensione; in questo modo esercita quindi una determinata spinta anche a moto ferma (con la ruota sollevata da terra). Agendo sul precarico si modifica di conseguenza la forza che essa esercita nel sostenere la moto, e in questo modo si regola l’assetto, cioè si sistemano le altezze relative al suolo dell’avantreno e del retrotreno.


    LA MOLLA INDURISCE LA MOTO?

    La molla è legata alla moto, cioè va scelta in relazione al peso del veicolo e al carico che deve trasportare: pesi elevati richiedono molle adeguate – cioè più “robuste” - per sostenerli. Se uso la moto da solo, oppure con il passeggero e i bagagli, il peso sulla moto cambia sostanzialmente - in genere è quasi il doppio - e quindi sarebbe buona regola sostituire la molla con una dall’indice di carico superiore, cioè più “forte”. Nella maggior parte dei casi questo non si fa, e si mantiene quella di serie, che le case motociclistiche scelgono per assicurare un buon compromesso tra la guida a solo e in coppia. Quando il passeggero sale in sella la moto si schiaccia (si “siede”), e in questo caso il libretto di uso e manutenzione generalmente consiglia di aumentare il precarico per recuperare le quote corrette; infatti aumentandolo la spinta della molla aumenta, la moto si alza e così si recuperano le giuste altezze.

    Spesso si sente dire: “Aumento il precarico così la sospensione diventa più dura”. Questo è errato, poiché il precarico serve solo per determinare la forza che esprime la molla quando la moto è scarica, cioè quando cioè la molla è alla massima estensione. È vero però che la sospensione si accorcia solo se sottoposta a una forza superiore a quella esercitata dal precarico e quindi maggiore è il precarico e minore sarà l’oscillazione della moto, cioè l’escursione. Questo succede non perché la molla diventa più dura - una volta superato il precarico la molla si accorcia della medesima quantità per lo stesso carico, il K non cambia - ma perché inizia a lavorare quando la forza applicata supera quella espressa nella massima estensione. Per limitare i trasferimenti di carico in accelerazione e in frenata serve quindi una molla più dura, oppure si può agire sull’idraulica.


    MEGLIO LA PROGRESSIONE

    Le molle si distinguono con l’indice di carico (il K che conosciamo), e un tecnico sceglierà quella giusta per l’uso che verrà fatto della moto, se per il turismo, oppure per le competizioni. Nel primo caso si usano molle più morbide, cercando il miglior compromesso tra stabilità e comfort (assorbimento delleasperità); nel secondo si cerca invece la migliore prestazione, tenendo conto che la moto deve muoversi ma non eccessivamente e che il comfort non conta. In gara le molle vengono cambiate spesso, perché la situazione cambia non solo in base al circuito, ma anche in relazione al grip offerto al momento dalla pista, problema molto complesso in cui rientra la condizione limite della regolazione per la guida sul bagnato.

    Le molle esistono di due tipi: con la risposta lineare o progressiva. Le prime, con spire di passo costante, semplicemente rispondono con una forza direttamente proporzionale allo schiacciamento; le progressive più comuni sono costituite da due serie di spire, una di passo più stretto e l’altra di passo più ampio. Inizialmente si schiacciano le prime, assicurando una risposta più morbida; quando sono tutte a contatto iniziano a lavorare le seconde. In pratica funziona come se si accoppiassero due molle di carico differente, ed è per questo che la linea caratteristica è composta da due rette di diversa inclinazione. Ci sono anche le molle con progressione non lineare - in questo caso le rette diventano delle curve – possono essere a passo progressivo o coniche.

    La risposta ottimale di una sospensione deve essere progressiva, inizialmente morbida per fungere da filtro, cioè per assorbire le piccole asperità e non farle avvertire al pilota a vantaggio del comfort, e gradualmente più dura mano a mano che si schiaccia, così da sostenere la ciclistica nelle sollecitazioni più forti. Sulle moto si usano generalmente molle lineari, e la prima fase del lavoro della sospensione posteriore è resa progressiva dai cinematismi, ormai installati su quasi tutti i modelli. In qualche caso questi sistemi mancano e la sospensione collega direttamente il forcellone con il telaio; si può notare però che in genere il monoammortizzatore è montato in modo da essere notevolmente inclinato rispetto alla verticale, e questo rende lo schiacciamento non lineare, agendo così come una sorta di cinematismo progressivo.


    segue......
    Arrivederci e grazie

  2. #2
    FazerItaliano Manico L'avatar di kimiko
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    PARTIAMO DAL LIBRETTO

    Prima di mettere mano ai registri per cucirmi addosso la moto devo assicurarmi che gli ammortizzatori siano in ordine, cioè che il sistema di smorzamento sia efficiente. Una sospensione che ha lavorato più di 7.000-8.000 km sicuramente ha bisogno di una revisione, poiché in questo (purtroppo breve) utilizzo il fluido idraulico si è sporcato e riempito di bollicine d’aria. Così perde la giusta viscosità e non riesce più a svolgere il suo compito. In questa situazione la sospensione è sfrenata, e per di più non “sente” le regolazioni.

    Dopo aver verificato l’efficienza degli ammortizzatori, è necessario regolare i registri dei freni idraulici come indicato sul libretto di uso e manutenzione. Così si parte da una situazione “sicura”, in genere è quella ottimale, garantita dai massimi esperti di quella moto: i progettisti e i tester della casa motociclistica. Può essere perfetta, ma potrebbe non essere la nostra preferita; da questa infatti possiamo allontanarci andando a toccare alcuni registri, per venire in contro ai nostri gusti personali. Ma prima di passare a questa fase raffinata iniziamo a bilanciare la moto, cioè ad aggiustare le altezze dell’avantreno e del retrotreno, poiché la dinamica è legata anche all’assetto, al baricentro e alla distribuzione dei pesi sugli assi. Anche qui il libretto di uso e manutenzione ci viene in aiuto: andiamo quindi a mettere a posto i registri dei precarichi e verifichiamo la posizione degli steli nelle piastre e l’altezza del posteriore. Poi ci infiliamo il casco e iniziamo la fase più complessa, la prova su strada: andiamo a verificare se sulla nostra moto c’è eccesso di peso davanti o dietro. Come lo capisco? Non è facilissimo, a volte faticano anche i piloti, ma ci sono degli indizi che ci possono aiutare a scoprirlo...


    NÉ TROPPO AVANTI, NÉ TROPPO

    Se il peso è sbilanciato in avanti ci sono delle difficoltà in staccata e nella fase di impostazione della curva. La frenata è più difficile poiché la moto tende a muoversi, e anche l’impostazione della curva è faticosa, poiché la moto tende a proseguire nella sua direzione, ad andare dritta, a non imboccare la traiettoria che si vuole. Questo sintomo evidente si verifica perché il trasferimento di carico sulla forcella è troppo rapido, e questa non riesce a dosarlo, trasferendolo tutto sul pneumatico che, saturato dal peso eccessivo, non riesce dare la risposta adeguata, cioè a trasferire al pilota la sicurezza necessaria per spingere. È una sensazione giusta, poiché la gomma non lavora nelle condizioni per cui è progettata e quindi non è in grado di assicurare il massimo appoggio: insistendo si potrebbe ottenere un risultato poco piacevole: la “chiusura” dell’avantreno. Il risultato è che il pilota, non sentendosi sicuro, non spinge la frenata a fondo, stacca meno efficacemente e non riesce a entrare dove vuole, ma un metro più in là.

    L’idea comune è che una moto puntata in davanti sia più rapida in ingresso. Questo è vero ma fino a un certo punto, superato il quale si verifica la condizione ora descritta.

    Se la moto è sbilanciata sul posteriore, ci sono invece dei problemi in uscita di curva: faccio fatica a tenere la traiettoria ideale perché la moto si “siede” e tende ad allargare. Viceversa, però, è più stabile in staccata e riesco a entrare in curva con i freni tirati e a scendere in piega.

    Questi problemi si risolvono in vari modi: nella forcella agendo sul precarico delle molle ma anche facendo scorrere gli steli della forcella nelle piastre. In molti modelli sportivi gli steli hanno delle tacche, e il solito libretto di uso e manutenzione indica le posizioni; anche nella sospensione posteriore si agisce sul precarico, ma si può anche intervenire sulla lunghezza dell’ammortizzatore (se questo è regolabile) o con altri sistemi meno diffusi. La scelta di uno o dell’altro metodo (o di entrambi) è però complessa, e nei casi più difficili è bene affidarsi a un tecnico. Dopo aver aggiustato l’assetto come suggerito dal libretto di uso e manutenzione (oppure averlo sistemato a nostro piacimento), passiamo alla regolazione dei registri dei freni idraulici.


    MA NON FINISCE QUI...

    La regolazione dei freni idraulici è un’operazione piuttosto semplice. Per il comfort vanno generalmente aperti; per la guida in pista, al contrario, occorrerà chiuderli, così da rendere la moto più stabile. Una buona norma è lavorare sempre su tutti i registri, così da non sbilanciare le sospensioni. Ecco, abbiamo appena detto tre cose che, in realtà, non sono vere: 1) la regolazione dell’idraulica è un’operazione molto complessa; 2) non è vero che vanno aperti su strada e - errore molto comune - chiusi in pista; 3) si deve lavorare su un registro alla volta. Come e perché lo vediamo tra due settimane.
    Arrivederci e grazie

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