Bruno
15/02/2005, 20:16
Gli ambientalisti denunciano: almeno 40 bombe nucleari Usa vicino a Brescia, a solo 100 chilometri da Chiasso Sarebbero 480 quelle sul suolo europeo. Il comando Usa in Europa ridimensiona le cifre
Berna – In una base militare italiana a circa 100 chilometri da Chiasso sarebbero custodite, pronte all’uso, non meno di 40 bombe atomiche, ciascuna con una potenza che può arrivare a superare di dieci volte gli ordigni lanciati nel 1945 su Hiroshima e Nagasaki. È quanto emerge da uno studio pubblicato la settimana scorsa dal Natural Resources Defence Council ( www. nrdc. org ), un’organizzazione ambientalista americana che stima a complessivamente 480 le testate nucleari Usa in Europa. Il rapporto evidenzia fra l’altro i pericoli di sicurezza alla luce delle nuove minacce terroristiche: spesso le testate sono immagazzinate a poche centinaia di metri dal reticolato esterno degli aeroporti.
Secondo lo studio “ U. S. Nuclear Weapons in Europe” ( Armi nucleari Usa in Europa) – già ripreso nei giorni scorsi dal New York Times – le bombe si trovano in otto basi localizzate in sei nazioni ( Belgio, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda e Turchia). Quelle italiane sono ad Aviano, in provincia di Pordenone, e a Ghedi Torre, vicino a Brescia: quest’ultima installazione è a circa 90 chilometri dal confine grigionese e a 100 da quello ticinese. La più prossima a nord è quella di Ramstein, in Germania, a circa 200 chilometri da Basilea.
Un portavoce del comando Usa in Europa si è rifiutato di rivelare alla stampa il numero di testate, sostenendo comunque che esso è inferiore a quello addotto dallo studio. Un altro ufficiale ha avanzato la cifra di 200 bombe, ma Hans Kristensen – autore del rapporto di 102 pagine scaricabile su Internet – non è d’accordo: « Al Pentagono – ha dichiarato al quotidiano italiano L’Unità – non tutti conoscono il quadro completo della situazione. Il numero sarebbe inferiore alle nostre indicazioni soltanto se il presidente Bush avesse ordinato il ritiro di gran parte delle armi nucleari dopo l’attacco dell’ 11 settembre 2001, ma non ci risulta che questo sia avvenuto » . Se il numero di 480 ordigni fosse corretto rappresenterebbe un arsenale più grande di quello della Cina.
La presenza di bombe nucleari a Ghedi Torre è relativamente recente e posteriore alla Guerra fredda. Il campo di aviazione a capacità di offesa atomica più vicino al Ticino ha infatti ricevuto a metà degli anni Novanta le testate in precedenza schierate a Rimini: secondo lo studio, la responsabilità operativa è passata dagli Stati Uniti all’Italia: gli ordigni sono destinati a essere lanciati dai Tornado della 102esima e della 154esima squadriglia, appartenente al sesto stormo.
Sempre stando al rapporto, il caso di Ghedi Torre è notevole perché è l’unico in Europa di una base nazionale con oltre 20 bombe e perché le capacità di stoccaggio di ordigni sono utilizzate a un tasso molto elevato, il 90%. Per Kristensen le ragioni di questa situazione non sono del tutto chiare, ma potrebbero rispondere alle esigenze politiche del governo italiano, che vuole avere voce in capitolo nella Nato.
Le bombe in questione sono le B61, dei tipi B61- 3, B61- 4 e B61- 10. Sono ordigni tattici affusolati ( per essere trasportati, fissati alle ali, dai cacciabombardieri), lunghi circa 3,5 metri e con un peso di 320 chilogrammi. Possono essere lanciati sia a bassa quota sia in altitudine, anche con paracaduti per rallentarne la discesa, e possono esplodere a varie altezze o con l’impatto al suolo. La potenza può variare da 0,3 a 170 chilotoni ( quella di Hiroshima era di circa 15 chilotoni).
Lo studio ricorda anche la storia della presenza nucleare della Nato in Europa e affronta anche il tema della sicurezza.
Secondo i ricercatori le stesse forze armate americane si sono accorte che la forte riduzione degli armamenti nucleari seguita all’implosione dell’Unione sovietica ha portato, quale effetto non voluto, a una diminuzione della sicurezza. Questo perché il numero di unità militari Usa con esperienza nucleare si è ridotto ed è vieppiù difficile trovare ufficiali addestrati ed esperti: sempre più personale ha a che fare con missili, sempre meno con bombe a gravità come le B61. Inoltre la dispersione delle bombe all’interno delle aree delle varie basi, voluta quale protezione da un attacco a sorpresa da parte dell’Urss, sta creando grattacapi di sicurezza: fino al 2001 si pensava infatti che il problema principale fosse il pericolo di un furto, oggi ci si è resi conto che vi sono terroristi pronti al sacrificio pur di creare un incidente nucleare e diversi siti sotterranei non sono lontani dai perimetri esterni delle basi.
ATS
Bombe con una potenza di dieci volte superiore agli ordigni di Hiroshima e Nagasaki
Berna – In una base militare italiana a circa 100 chilometri da Chiasso sarebbero custodite, pronte all’uso, non meno di 40 bombe atomiche, ciascuna con una potenza che può arrivare a superare di dieci volte gli ordigni lanciati nel 1945 su Hiroshima e Nagasaki. È quanto emerge da uno studio pubblicato la settimana scorsa dal Natural Resources Defence Council ( www. nrdc. org ), un’organizzazione ambientalista americana che stima a complessivamente 480 le testate nucleari Usa in Europa. Il rapporto evidenzia fra l’altro i pericoli di sicurezza alla luce delle nuove minacce terroristiche: spesso le testate sono immagazzinate a poche centinaia di metri dal reticolato esterno degli aeroporti.
Secondo lo studio “ U. S. Nuclear Weapons in Europe” ( Armi nucleari Usa in Europa) – già ripreso nei giorni scorsi dal New York Times – le bombe si trovano in otto basi localizzate in sei nazioni ( Belgio, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda e Turchia). Quelle italiane sono ad Aviano, in provincia di Pordenone, e a Ghedi Torre, vicino a Brescia: quest’ultima installazione è a circa 90 chilometri dal confine grigionese e a 100 da quello ticinese. La più prossima a nord è quella di Ramstein, in Germania, a circa 200 chilometri da Basilea.
Un portavoce del comando Usa in Europa si è rifiutato di rivelare alla stampa il numero di testate, sostenendo comunque che esso è inferiore a quello addotto dallo studio. Un altro ufficiale ha avanzato la cifra di 200 bombe, ma Hans Kristensen – autore del rapporto di 102 pagine scaricabile su Internet – non è d’accordo: « Al Pentagono – ha dichiarato al quotidiano italiano L’Unità – non tutti conoscono il quadro completo della situazione. Il numero sarebbe inferiore alle nostre indicazioni soltanto se il presidente Bush avesse ordinato il ritiro di gran parte delle armi nucleari dopo l’attacco dell’ 11 settembre 2001, ma non ci risulta che questo sia avvenuto » . Se il numero di 480 ordigni fosse corretto rappresenterebbe un arsenale più grande di quello della Cina.
La presenza di bombe nucleari a Ghedi Torre è relativamente recente e posteriore alla Guerra fredda. Il campo di aviazione a capacità di offesa atomica più vicino al Ticino ha infatti ricevuto a metà degli anni Novanta le testate in precedenza schierate a Rimini: secondo lo studio, la responsabilità operativa è passata dagli Stati Uniti all’Italia: gli ordigni sono destinati a essere lanciati dai Tornado della 102esima e della 154esima squadriglia, appartenente al sesto stormo.
Sempre stando al rapporto, il caso di Ghedi Torre è notevole perché è l’unico in Europa di una base nazionale con oltre 20 bombe e perché le capacità di stoccaggio di ordigni sono utilizzate a un tasso molto elevato, il 90%. Per Kristensen le ragioni di questa situazione non sono del tutto chiare, ma potrebbero rispondere alle esigenze politiche del governo italiano, che vuole avere voce in capitolo nella Nato.
Le bombe in questione sono le B61, dei tipi B61- 3, B61- 4 e B61- 10. Sono ordigni tattici affusolati ( per essere trasportati, fissati alle ali, dai cacciabombardieri), lunghi circa 3,5 metri e con un peso di 320 chilogrammi. Possono essere lanciati sia a bassa quota sia in altitudine, anche con paracaduti per rallentarne la discesa, e possono esplodere a varie altezze o con l’impatto al suolo. La potenza può variare da 0,3 a 170 chilotoni ( quella di Hiroshima era di circa 15 chilotoni).
Lo studio ricorda anche la storia della presenza nucleare della Nato in Europa e affronta anche il tema della sicurezza.
Secondo i ricercatori le stesse forze armate americane si sono accorte che la forte riduzione degli armamenti nucleari seguita all’implosione dell’Unione sovietica ha portato, quale effetto non voluto, a una diminuzione della sicurezza. Questo perché il numero di unità militari Usa con esperienza nucleare si è ridotto ed è vieppiù difficile trovare ufficiali addestrati ed esperti: sempre più personale ha a che fare con missili, sempre meno con bombe a gravità come le B61. Inoltre la dispersione delle bombe all’interno delle aree delle varie basi, voluta quale protezione da un attacco a sorpresa da parte dell’Urss, sta creando grattacapi di sicurezza: fino al 2001 si pensava infatti che il problema principale fosse il pericolo di un furto, oggi ci si è resi conto che vi sono terroristi pronti al sacrificio pur di creare un incidente nucleare e diversi siti sotterranei non sono lontani dai perimetri esterni delle basi.
ATS
Bombe con una potenza di dieci volte superiore agli ordigni di Hiroshima e Nagasaki