impeggiato
14/09/2007, 03:30
Lo scrivo qui perchè non ho sonno. Lo scrivo perchè ne ho bisogno. Non importa quanti lo leggano, lo scrivo primaditutto per ricordare. Lo scrivo perchè sono vittima e colpevole.
Frank non c'è più.
Classe 1946. Un omone grosso grosso con le mani callose.
Era un sognatore, uno di quelli che nella schedina ci credeva. Uno di quelli che diceva: "Se faccio 13 vi regalo la macchina nuova a tutti". Era un amicone, sempre in mezzo a tutti, era un fenomeno. Tanto bravo con le carte, quanto a perderci i soldi. E quando vinceva: "Champagne!".
Per un pò ha fatto l'operaio, ma diciamocielo chiaramente, quel genere di lavoro non gli piaceva un gran che. Aveva amici grossi e pericolosi, con idee ancora più assurde di lui. A quei tempi aveva una moglie e un figlio, dopo un paio di cazzate con la legge, BAM, divorzio e sempre più tempo da passare in cattive compagnie. Non era un criminale, avere amici 'strani' non vuol dire che sei 'strano' pure te.
Per fortuna le mele marce marciscono e quelle che in fondo son buone, posso dare ancora tanto. Frank aveva 4 fratelli, ma il + piccolo era la sua spalla. Un lavoro in un bar, dignitoso e non si fatica poi troppo. A Frank piaceva. Son passati oramai 10 anni dal suo periodo nero.
Ma si sà il destino a volte è assurdo. Per quanto tu ti possa sforzare, a volte va tutto sempre storto. Il bar chiude. Dici che a 53 anni qualcuno me lo da un posto di lavoro ? Frank, prova ma la paga e bassa, si fatica con l'affitto, e guardandosi indietro, ne ha di rimorsi.
Aprile 2003. Frank si ammala.
La somma dei dispiaceri, alcol, e ms, secondo i dottori che quel giorno di aprile lo ricevettero all'ospedale, doveva essere uguale ad una parola che che in italiano fa schifo che suona più o meno come Ictus. Frank non muove più il braccio dx dalla spalla in giù e la gamba dx più o meno da mezzo quadricipite. "Ma chi ti uccide a te!", lo sfottevamo sempre. Frank si vergognava un pò di quel suo stato, faceva tutti i giorni gli esercizi consigliati dai fisioterapisti; per un po' ci ha creduto (chi non ci crederebbe).
Maggio 2007. La casa sulla spiaggia.
Non vi ho raccontato, è top secret, il perchè, ma Frank ha passato quasi 10 anni in Africa (è italianissimo verace). La frase è stata all'incirca questa: "Se me ne devo andare, lo faccio come dico io.". Anche tutto malconcio era un rompicojoni della peggior specie. Quella mattina a malpensa c'ero pure io. "Ci vediamo a Novembre!". A quanto pare era riuscito a mettere via qualche soldo tra invalidità e pensione per comprarsi una casetta sulla spiaggia in costa d'avorio. Qualche anno fa Frank aveva più di una casetta, ma l'Africa è un casino, oggi sei ricco, domani ti trovi su un aereo con i tui beni confiscati dall'ennesimo colpo di stato.
13 Settembre 2007. La poltrona della casa sulla spiaggia.
E' morto come ha sempre raccontato, più o meno. "Mi vuoi ancora bene?" è stata l'ultima frase di Frank rivolta alla sua compagna. Ha aspettato la risposta, ha chiuso gli occhi e non li ha più riaperti. Sulla sua poltrona sulla spiaggia bianca e perfetta del corno d'africa.
Era mio padre.
Era una persona che ho smesso di conoscere troppo presto, ma di cui in questo momento con le lacrime al viso, sento un vuoto incolmabile.
Stefano
Frank non c'è più.
Classe 1946. Un omone grosso grosso con le mani callose.
Era un sognatore, uno di quelli che nella schedina ci credeva. Uno di quelli che diceva: "Se faccio 13 vi regalo la macchina nuova a tutti". Era un amicone, sempre in mezzo a tutti, era un fenomeno. Tanto bravo con le carte, quanto a perderci i soldi. E quando vinceva: "Champagne!".
Per un pò ha fatto l'operaio, ma diciamocielo chiaramente, quel genere di lavoro non gli piaceva un gran che. Aveva amici grossi e pericolosi, con idee ancora più assurde di lui. A quei tempi aveva una moglie e un figlio, dopo un paio di cazzate con la legge, BAM, divorzio e sempre più tempo da passare in cattive compagnie. Non era un criminale, avere amici 'strani' non vuol dire che sei 'strano' pure te.
Per fortuna le mele marce marciscono e quelle che in fondo son buone, posso dare ancora tanto. Frank aveva 4 fratelli, ma il + piccolo era la sua spalla. Un lavoro in un bar, dignitoso e non si fatica poi troppo. A Frank piaceva. Son passati oramai 10 anni dal suo periodo nero.
Ma si sà il destino a volte è assurdo. Per quanto tu ti possa sforzare, a volte va tutto sempre storto. Il bar chiude. Dici che a 53 anni qualcuno me lo da un posto di lavoro ? Frank, prova ma la paga e bassa, si fatica con l'affitto, e guardandosi indietro, ne ha di rimorsi.
Aprile 2003. Frank si ammala.
La somma dei dispiaceri, alcol, e ms, secondo i dottori che quel giorno di aprile lo ricevettero all'ospedale, doveva essere uguale ad una parola che che in italiano fa schifo che suona più o meno come Ictus. Frank non muove più il braccio dx dalla spalla in giù e la gamba dx più o meno da mezzo quadricipite. "Ma chi ti uccide a te!", lo sfottevamo sempre. Frank si vergognava un pò di quel suo stato, faceva tutti i giorni gli esercizi consigliati dai fisioterapisti; per un po' ci ha creduto (chi non ci crederebbe).
Maggio 2007. La casa sulla spiaggia.
Non vi ho raccontato, è top secret, il perchè, ma Frank ha passato quasi 10 anni in Africa (è italianissimo verace). La frase è stata all'incirca questa: "Se me ne devo andare, lo faccio come dico io.". Anche tutto malconcio era un rompicojoni della peggior specie. Quella mattina a malpensa c'ero pure io. "Ci vediamo a Novembre!". A quanto pare era riuscito a mettere via qualche soldo tra invalidità e pensione per comprarsi una casetta sulla spiaggia in costa d'avorio. Qualche anno fa Frank aveva più di una casetta, ma l'Africa è un casino, oggi sei ricco, domani ti trovi su un aereo con i tui beni confiscati dall'ennesimo colpo di stato.
13 Settembre 2007. La poltrona della casa sulla spiaggia.
E' morto come ha sempre raccontato, più o meno. "Mi vuoi ancora bene?" è stata l'ultima frase di Frank rivolta alla sua compagna. Ha aspettato la risposta, ha chiuso gli occhi e non li ha più riaperti. Sulla sua poltrona sulla spiaggia bianca e perfetta del corno d'africa.
Era mio padre.
Era una persona che ho smesso di conoscere troppo presto, ma di cui in questo momento con le lacrime al viso, sento un vuoto incolmabile.
Stefano