CLINICA MOBILE UNA SICUREZZA IN PIU’
IL PUNTO - GRAN PREMIO D’ITALIA - 05/06/05 MUGELLO
CLINICA MOBILE UNA SICUREZZA IN PIU’
E’ cominciato come un sogno in Italia 33 anni fa e si è trasformato in realtà cinque anni più tardi nello splendore delle alpi austriache.
Oggi diamo per scontata l’assistenza medica durante tutte le gare della stagione iridata, sia che si tratti di una frattura per uno dei protagonisti della pista, sia di un’unghia rotta per un meccanico di una squadra: la porta della clinica mobile è sempre aperta.
Quando circa due settimane fa Alex Barros è caduto durante il Gran Premio di Le Mans, una doverosa visita in clinica mobile lo ha fortunatamente trovato a posto, botte ed escoriazioni a parte, ma non sempre è stato così nel passato del motociclismo. Negli anni cinquanta, sessanta e nei primi anni settanta l’assistenza medica in certe piste era del tutto aleatoria. Non c’è dubbio che siano state perse delle vite a causa di un’assistenza inadeguata o poco tempestiva. Ed è stato proprio per queste circostanze che un dottore italiano, figlio di un organizzatore di eventi sportivi, ha deciso di provvedere. Da quel momento le piste e il paddock sono diventati un luogo più sicuro.
Il 23 aprile del 1972, a Imola si è svolta una 200 miglia su modello americano. Checco Costa, il direttore del club organizzatore, si è avvalso dell’esperienza del figlio per re-inventare l’assistenza medica nel circuito. Il dotto Claudio Costa, laureatosi in medicina cinque anni prima, non solo ha reclutato i migliori specialisti di Bologna ma nell’occasione ha posto le basi per quella che sarebbe diventata una rivoluzione nel campo dell’assistenza medica nei circuiti.
Gli inizi non sono stati facili per il dottor Costa e la sua equipe di specialisti. Viaggiavano verso ogni circuito in auto, treno o nave trasportando casse di medicinali e di equipaggiamento per i trattamenti medici. Le infrastrutture in certe piste si potevano con un eufemismo definire primitive e di certo non godevano di ingenti sovvenzioni da parte degli organizzatori. Era ovvio che bisognava fare di più per trattare incidenti seri velocemente ed efficacemente. Il sogno di Costa divenne quello di creare una Clinica viaggiante e, cinque anni dopo i primi passi compiuti ad Imola, la clinica mobile è entrata a far parte del paddock durante il GP d’Austria al Salzburgring.
La prima clinica era di piccole dimensioni ma la sua presenza nei circuiti, unita all’abilità dei medici che ne facevano parte, ha certamente contribuito a salvare molti piloti. I primissimi minuti successivi ad un incidente grave sono vitali e il veloce intervento di cui hanno potuto usufruire piloti come Franco Uncini, Philippe Coulon, Michael Rougerie e Virginio Ferrari, hanno sicuramente salvato loro la vita.
Nel 1981 è stata costruita una nuova clinica mobile, con due sale operatorie dove più di 3000 pazienti ogni anno hanno usufruito di un’ampia serie di trattamenti. Tra questi più di 300 erano piloti, tra i quali oltre al sopra citato Franco Uncini, Graziano Rossi il papà di Valentino, ha ricevuto trattamenti di vitale importanza dopo incidenti gravi. Nel 1988 il pluri iridato Giacomo Agostini, Kenny Roberts e Franco Uncini hanno inaugurato, a Imola dove tutto era cominciato 16 anni prima, la terza versione della clinica mobile.
Uno dei “frequentatori” più assidui della clinica, l’allora campione del mondo 500cc in carica Wayne Gardner, è stato il primo ad ususfruire dell’assistenza della nuova versione della struttura. Il pilota australiano infatti cadde durante un test in Yugoslavia fratturandosi cinque ossa del piede destro la settimana prima del GP ma arrivò ugualmente secondo a Imola e quindi donò il premio in denaro del suo podio alla clinica come ringraziamento per l’aiuto ricevuto. Lo scomparso Papa Giovanni Paolo II, dopo quella gara ha benedetto a Roma la clinica, che ha poi continuato la sua attività in tutte le gare europee. Nel 1996 ha effettuato oltre 7000 trattamenti nell’arco dei 15 GP della stagione.
Una quarta edizione della clinica mobile è stata inaugurata nel 1997 dal Campione del Mondo Mick Doohan, che ha mostrato al Re di Spagna, Juan Carlos, le nuove strutture, i cinque letti per i trattamenti e lo staff medico a bordo. Il ruolo stesso della clinica è a poco a poco cambiato. La sua presenza nelle piste, ha favorito l’introduzione di un Direttore Medico in ogni circuito, che di volta in volta ha cambiato e potenziato le strutture mediche. Spesso i medici della clinica rivestono il ruolo di Direttore Medico.
Le strutture mediche permanenti dei circuiti adesso devono fornire l’equipaggiamento, lo staff e le strutture ospedaliere adatte ad affrontare un’emergenza medica vitale. Tutti gli altri infortuni sono invece ancora trattati alla clinica mobile, il cui staff è di supporto ai medici locali.
Tutti coloro che lavorano nel paddock, e parliamo di circa 3000 persone, sanno di avere a disposizione un’assistenza medica 24 ore su 24. Si tratta di un pensiero confortante non solo per chi lavora lontano da casa e spesso per lunghe e stressanti ore, ma anche per le famiglie a casa.
La quinta ed attuale edizione della clinica mobile è stata inaugurata a Jerez tre anni fa alla presenza di tanti campioni del motociclismo perché se è vero che essa offre assistenza a tutti coloro che lavorano nel paddock, sono soprattutto i piloti che hanno maggiormente bisogno del dottor. Costa, e del frutto di un sogno nato tanti anni fa a Imola.
L’anno scorso in 16 gare ci sono state 706 cadute. Si tratta di una media di 44 per gara. Ogni pilota cade in media 6 volte per stagione ed è facile intuire come la maggior parte di loro abbia usufruito dell’ospitalità della clinica nel corso della propria carriera. L’anno scorso, nonostante le 706 cadute, nessun pilota ha riportato conseguenze gravi.
Trenta anni fa con 706 cadute molto probabilmente le conseguenze sarebbero state più serie di oggi.